7 mar 2024
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Ascolto, passione ed esempio: cos’è la leadership per la Gen Z?

Da EY Italy

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7 mar 2024

All’Università La Sapienza la quarta tappa di RiGenerazioni con un focus sulla leadership e sulle caratteristiche del leader ideale che, secondo gli studenti, deve ascoltare, ispirare ed essere d’esempio per la sua squadra

Saper ascoltare, essere d’esempio, creare fiducia ma anche coinvolgere il proprio team, portandolo a vincere le sfide del mercato. Sono queste alcune delle caratteristiche del leader ideale tratteggiate durante il quarto appuntamento di RiGenerazioni, il roadshow universitario di EY, che lo scorso 4 marzo è giunto a Roma. In questa tappa, Massimo Antonelli, CEO di EY Italia e COO della region Europe west, affiancato da Riccardo Haupt e Clara Morelli di Will, con il supporto di un paper a cura di EY e de Linkiesta, ha dialogato con le studentesse e gli studenti dell’Università La Sapienza per approfondire il concetto di leadership e per capire quali sono i modelli che ispirano la Gen Z.  

L’exceptional EY experience e la leadership trasformativa


Dopo i saluti istituzionali del Prorettore Fabio Lucidi, del Preside della facoltà di Economia Giovanni di Bartolomeo e del professore delegato Alberto Pastore, Massimo Antonelli ha raccontato l’impegno di EY per aiutare le aziende a trasformarsi, in una fase storica segnata dal cambiamento continuo. «La trasformazione, ha spiegato, serve per orientarsi in un contesto mutevole ma anche per innovare e diventare leader di mercato». Un approccio applicato anche in EY come emerge dai numeri. Negli ultimi anni l’azienda è infatti cresciuta del 50% e ha ampliato il proprio organico grazie all’assunzione di oltre 3000 persone, per la stragrande maggioranza giovani. Un successo a cui ha contribuito anche un cambio di paradigma nell’ambito della people strategy che ha visto da un lato, una crescente sostenibilità nel modo di lavorare che ha favorito una maggior produttività; dall’altro, il rafforzamento dell’EY exceptional experience. Del resto, ha proseguito Antonelli, «un ambiente sereno, dove le persone sono libere di confrontarsi, facilita il lavoro in team e porta anche risultati migliori». Inoltre, «abbiamo lavorato sui temi della leadership, focalizzandoci sulla leadership trasformativa, un modello che valorizza le persone, a partire dalle loro peculiarità, dall’ascolto e dalla condivisione di una visione, in un’ottica di unione e partecipazione. Un modello che, certo, punta all’eccellenza dei risultati, ma che passa dal coinvolgimento, dalla soddisfazione e dall’inclusione». 

Leadership significa ascolto e fiducia


«Cosa significa per voi leadership e che caratteristiche deve avere un leader?» Con questa domanda si è aperta la prima fase del confronto. Secondo Lucrezia «un leader deve saper ascoltare gli altri, creando fiducia per capire le esigenze del team», portando un miglioramento. In effetti, solo in un clima piacevole è possibile lavorare bene, in modo efficace ed efficiente e raggiungere gli obiettivi. E l’ascolto, in questo contesto, serve per conoscere i punti di forza e miglioramento delle persone, così che si possa lavorare al meglio. Per Emiliano, invece, il leader è colui che sa prendere decisioni anche se non sempre condivise dalla totalità dei collaboratori. L’ascolto, in questo senso, serve per analizzare tutti i punti di vista in modo da gestirli più efficacemente. Una visione su cui concorda anche Andrea, per il quale l’ascolto preventivo serve per capire come gestire le conseguenze di una decisione che non vede tutti d’accordo. Quello delle decisioni complesse è un tema che colpisce Antonelli che racconta come al centro delle sue scelte, anche le più complesse, ci siano, da un lato, il bene superiore dell’azienda, dall’altro l’attenzione per le persone. Due stelle polari che hanno orientato la sua carriera. 

Un leader deve saper ascoltare gli altri, creando fiducia per capire le esigenze del team portando un miglioramento. […] solo in un clima piacevole è possibile lavorare bene, in modo efficace ed efficiente e raggiungere gli obiettivi. E l’ascolto serve per conoscere i punti di forza e miglioramento delle persone, così che si possa lavorare al meglio. Leadership significa anche saper prendere decisioni in contesti complessi.

Essere d’esempio e far appassionare: il leader deve saper ispirare 

«E dunque, rilancia Antonelli, quali sono i valori di un leader?» Per Miriam il leader è colui che, grazie all’innovazione, fa vincere la propria squadra, perché «oggi si vince innovando, soprattutto sul mercato». L’ascolto, prosegue, è fondamentale, ma è anche importante osservare come pensa e agisce un leader: «il leader vede più lontano rispetto agli altri e ha un pensiero innovativo». Il leader è «colui che è d’esempio ed è trasparente», aggiunge Elia, che distingue una leadership aziendale, fondata sulla competenza, dalla leadership basata sul consenso che caratterizza il mondo dell’agire politico e sociale. Un approccio che viene condiviso da un altro studente che sottolinea come «capo e leader coincidono soprattutto nei contesti aziendali; ma al di fuori dell’azienda i leader sono coloro che una comunità riconosce come tali: sia perché ne condivide i valori, sia perché ne condivide gli obiettivi». La leadership, chiosa, passa dalla fiducia e da un potere che viene riconosciuto. Nel concreto, viene aggiunto, essere d’esempio significa trasmettere passione perché il leader è appassionato e sa far appassionare gli altri e poi è anche attento alle persone. Una discussione che stimola Antonelli, secondo cui la passione è un ingrediente cruciale della leadership che aiuta il leader a guidare il team in una direzione, perché «serve a credere in ciò che si sta facendo».

La gavetta serve, a condizione che venga riconosciuta nel percorso di crescita e leadership

«È giusto che i giovani debbano sacrificarsi di più e fare la gavetta?» chiedono gli autori di Will. Secondo qualcuno è giusto, perché sono esperienze che fanno crescere, a patto che vengano riconosciute. «Anche il leader ci è passato e quando ha iniziato ha fatto dei sacrifici». Una visione che non trova d’accordo una studentessa, secondo la quale il leader dovrebbe stare maggiormente in ufficio, dando l’esempio; e non è detto che i giovani, per crescere, debbano per forza lavorare di più. Secondo Lucrezia, invece, fare dei «sacrifici serve perché si impara di più e il lavoro duro paga e viene riconosciuto». Sulla stessa lunghezza d’onda Susanna che ritiene sia giusto fare la gavetta per imparare, ma anche per costruire un rapporto di fiducia con il leader che dovrebbe saper riconoscere e premiare gli sforzi. Il dialogo, in questa logica, è fondamentale per costruire un rapporto di fiducia. Un metodo molto apprezzato da Antonelli, secondo il quale la fiducia passa dal dialogo e dalla capacità del leader di coniugare gli obiettivi aziendali con le esigenze delle persone e del team. Si tratta, conclude, di una leadership inclusiva e non autoritaria. Uno stile, quello autoritario, «che ho vissuto in passato, che esclude, colpisce i diversi e a volte fa anche vergognare le persone». Un sentimento che non dovrebbe essere provato in azienda, perché il leader dovrebbe trasmettere passione, motivando la propria squadra. 

Il leader è colui che grazie all’innovazione fa vincere la propria squadra, perché oggi si vince innovando, soprattutto sul mercato […] leadership significa vedere più lontano degli altri e avere un pensiero innovativo, ma anche essere d’esempio, trasmettendo passione perché il leader appassionato e sa far appassionare gli altri

I leader del futuro: carisma, adattabilità e capacità di lettura 

Per Antonelli, dunque, la passione è un ingrediente cruciale per la leadership, dato che «non esistono leader senza passione». Per questo, aggiunge, dovete capire quali sono le vostre passioni, cosa vi fa stare bene, cosa vi fa divertire. Questa è la chiave per capire cosa fare dopo l’università e per orientare il vostro futuro: «nel futuro che leader vorreste essere?». «Vorrei essere un trascinatore, afferma un ragazzo, perché vorrei portare il mio team – in ambito finanziario – a risultati migliori grazie a una leadership fondata sulla personalità e il carisma». Per qualcun altro, per essere leader occorre saper gestire i rischi ed essere consapevoli delle circostanze per orientarle a proprio vantaggio. Il leader, in questo senso, è colui che si sa adeguare al contesto. Una visione condivisa anche da Andrea D’Acunto – People advisory service e BD leader EY Italia – che, a margine dell’evento, sottolinea come il leader sia colui che «è in grado di valorizzare l’unicità di ciascun membro del team in una dimensione olistica volta a migliorare la performance individuale e collettiva». Un miglioramento, aggiunge, che passa anche dalla passione, che è una componente decisiva della leadership che «deve saper motivare ma anche ispirare i collaboratori tramite l’esempio». 

Per diventare leader bisogna superare alcuni ostacoli

Tuttavia, per diventare leader ci sono diversi ostacoli che vengono messi in luce dalla platea. Per Lucrezia, le donne hanno difficoltà maggiori, anche se non si sente spaventata perché «basta credere in sé stesse, nelle proprie capacità e competenze per superare la propria insicurezza e farcela». Con questo approccio, conclude, ci saranno meno ostacoli e non temeremo la leadership maschile. Secondo qualcun altro il problema riguarda la scarsa meritocrazia che si declina in sistemi poco trasparenti che non premiano il merito. Criticità condivisa anche da Andrea secondo il quale in Italia ci sono sempre meno posti di lavoro ed è avvantaggiato chi sfrutta una rete di relazioni consolidate.Una studentessa aggiunge che talvolta la generazione dei baby boomer «vede di cattivo occhio la Gen Z perché entra a gamba tesa e perché pretende troppo». Una posizione ritenuta ingiusta da Antonelli che chiede alla platea se i giovani vogliono troppo. Per Elia pretendono sicuramente a livello economico, dato che vorrebbero «vedere riconosciuti gli sforzi maturati negli anni universitari che dovrebbero elevarci rispetto a chi non ha proseguito il percorso di studi». Un punto condiviso da Antonelli che sottolinea come il percorso scolastico in Italia venga scarsamente riconosciuto rispetto ad altri paesi a livello internazionale. L’obiettivo, secondo il CEO di EY, deve essere quello di rafforzare il dialogo tra università e mondo del lavoro, come emerso nella tappa di RiGenerazioni al Politecnico di Bari, per far sì che l’ottima preparazione universitaria venga pienamente valorizzata nel mondo del lavoro. 

Prossima tappa a Napoli per parlare di qualità della vita e del lavoro

«Ho studiato in questa università e vedervi qui mi ha fatto molto piacere e mi ha emozionato. Siete preparati, avete dei valori e una visione di futuro. Non escludo che tra qualche mese potremo vederci in EY», conclude con un sorriso Massimo Antonelli. Antonelli si confronterà nuovamente con gli studenti il prossimo 18 marzo, all’Università Federico II di Napoli, per dialogare sulla qualità della vita e del lavoro.

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All’Università La Sapienza la quarta tappa di RiGenerazioni con un focus sulla leadership e sulle caratteristiche del leader ideale che, secondo gli studenti, deve ascoltare, ispirare ed essere d’esempio per la sua squadra