Food, sostenibilità e benessere al centro del secondo appuntamento di Elements che ha visto un confronto multidisciplinare tra i protagonisti e gli esperti della filiera alimentare italiana, con un approfondimento sulla cultura mediterranea nelle sue molteplici declinazioni.
Una sinergia profonda che lega mondi diversi, ma in realtà complementari e sempre più decisivi per l’healthy living. È stata la sinergia tra alimentazione e benessere il focus del secondo appuntamento di Elements – il ciclo di incontri non convenzionali organizzato da EY e dedicato agli archetipi terra, acqua, fuoco e aria, – che si è tenuto lunedì 20 maggio presso l’EY wavespace di Milano e che ha visto un confronto tra mondo delle imprese, accademici e professionisti del food e del well-being. Valorizzazione della cultura mediterranea, sostenibilità a 360 gradi e soluzioni per promuovere la filiera agroalimentare nazionale sono stati al centro della discussione moderata da Walter Mariotti, teorico e Direttore di Domus, e Riccardo Passerini, CPR Market Segment and Supply Chain and Operations Leader EY.
Questo appuntamento di Elements, ha spiegato Passerini, vuole indagare il legame tra cibo e benessere grazie a un percorso esperienziale dell'EY wavespace assicurato dagli spazi dedicati ai 4 elementi. L'EY wavespace, ha aggiunto Andrea D’Acunto – Partner EY e Business Development Leader di EY Italia – è stato disegnato da psicologi, neuroscienziati e accademici per accelerare i processi di trasformazione. Terra, acqua, fuoco e aria costituiscono un percorso che contribuisce a incentivare l’approfondimento e il pensiero laterale anche per il mondo business. Il pensiero per il pensiero – secondo Mariotti – che rende il percorso all'interno dell'EY wavespace unico perché si incontra la trasformazione nella sua essenza, grazie al valore degli archetipi teorizzati da Jung.
Cosa sta succedendo nel mondo del food?
(Riccardo Passerini, CPR Market Segment and Supply Chain and Operations Leader EY - photo Nicola Marfisi)
Il mondo del food, ha spiegato Passerini, sta vivendo una disruption senza precedenti, come testimoniano 5 dati dell’EY Future Consumer Index:
- Il 66% delle aziende food italiane sono impegnate nella riduzione del proprio impatto ambientale;
- Il 79% dei consumatori ha dichiarato di cambiare le proprie preferenze di acquisto in base alla sostenibilità;
- Il 71% dei consumatori è disposto a pagare un prezzo premium per i prodotti con tracciabilità completa
- Il 49% dei consumatori considera importante l’acquisto di alimenti che migliorano la salute
- Il 33% della produzione di cibo viene sprecata ogni anno
È sempre più evidente, ha sottolineato il partner di EY, che la sostenibilità ha acquisito centralità e sostanza e non è più solo marketing. Anche perché i consumatori stanno cambiando i criteri che stanno alla base dell’atto di acquisto, considerando la sostenibilità di un prodotto in senso lato, dall’ingredientistica al packaging. Anche la tracciabilità ha guadagnato importanza, in un quadro che vede i consumatori sempre più attenti e consapevoli nelle proprie scelte di acquisto.
Questi cambiamenti si rilevano anche nelle abitudini alimentari e nell’offerta, come emerge dalla rivisitazione della composizione dei prodotti in termini di zuccheri e grassi a partire dai grandi player, e da una crescente attenzione alla dieta plant based.
I consumatori sono quindi sempre più consapevoli delle loro scelte. Un trend che emerge con tutta evidenza anche dalle scelte della Gen Z, che ha un approccio alla sostenibilità a 360 gradi che include persone, ambiente e salute a livello ecosistemico.
Queste nuove tendenze, ha concluso Passerini, ci spingono a riflettere sulla cultura dell’alimentazione e sul valore della filiera.
L’equilibrio uomo-natura e il modello dello sviluppo ecologico integrale di Paideia
(Sara Roversi, Founder Future Food Institute - photo Nicola Marfisi)
Ho fondato il Future Food Institute, esordisce Sara Roversi, per un grande senso di colpa legato alle crisi climatica e alimentare e per la consapevolezza del legame tra cambiamento climatico, sostenibilità e food, dopo aver lavorato a lungo nel settore anche in America. Dove mi sono occupata di disruption, carne in vitro, stampe in 3D, modelli di innovazione molto lontani dalla nostra cultura enogastronomica. Poco prima della pandemia, a seguito di un incontro con il sindaco di Pollica, mi sono resa conto del valore della dieta mediterranea e della cultura ad essa legata. Da quel momento, prosegue Roversi, è cambiata la mia prospettiva: da Google e dall’innovazione tecnologica americana sono tornata ai classici, all’equilibrio uomo-natura teorizzato da Zenone e Parmenide. E così, con uno sguarda alla classicità ma anche all’alto medioevo e alla scuola di medicina salernitana, è nato il Paideia campus. Grazie alla collaborazione tra il Comune di Pollica ed il Future Food Institute, il campus è diventato un laboratorio per lo sviluppo ecologico integrale. Paideia rappresenta dunque l’intersezione tra la consapevolezza legata al mondo della sostenibilità, del food ma anche dell’ambiente e delle persone, in una dimensione mediterranea che non si limita alla dieta ma che guarda a un ecosistema di relazioni nel suo complesso. L’approccio, conclude Roversi, è quello dell’ecologia integrale evocato da Papa Francesco che a Pollica si declina nello slogan: eat well, stay well, save the planet. Una visione sistemica e valoriale della dieta mediterranea che contempla aspetti economici, politici, sociali, ambientali e culturali.
Una visione sistemica, questa, che si declina in varie iniziative come il Longevity Lab che studia i fattori ambientali, nutrizionali e relazionali che incidono sulla fertilità umana, la longevità e la prosperità della comunità; o Il Mediterranean Mind Lab inaugurato a Pollica nel 2021 in sinergia con Strobilo e il Future Food Institute, che esplora l'impatto dell’ambiente e dei ritmi della natura, della dieta e dello stile di vita mediterranei sulla salute mentale e sul benessere cognitivo.
Andriani, un modello di sviluppo mediterraneo che abbraccia la sostenibilità a 360 gradi
(Michele Andriani, CEO Andriani S.p.A - photo Nicola Marfisi)
Come Sara Roversi, anche l’esperienza di Andriani – azienda di riferimento dell’innovation healthy food in tutto il mondo - nasce dalla necessità di creare un modello industriale alternativo per far fronte ai cambiamenti climatici e alle esigenze delle persone. Un percorso, spiega Michele Andriani CEO dell’azienda, fondato sul modello di sviluppo mediterraneo e su un cambio di paradigma dell’industria alimentare. Basti pensare al purpose aziendale - miglioriamo la salute e il benessere delle persone, della società e del pianeta attraverso l’innovazione alimentare – che disegna un business model che abbraccia la sostenibilità a 360 gradi. In questo sistema, la cultura mediterranea riveste un ruolo cruciale perché funge da leva per creare un impatto positivo sul capitale naturale e il capitale umano, distribuendo così valore condiviso. Il sistema mediterraneo, spiega Andriani, ha il pregio intrinseco di preservare ambiente e persone e garantire così la durabilità e la sostenibilità del cibo, assicurando al contempo la sicurezza alimentare. Di fatto, è un modello ad elevata circolarità, come emerge anche nella valorizzazione dell’end of waste, che garantisce il benessere di tutta la filiera: dal produttore, al consumatore, passando anche per la comunità che può essere un formidabile alleato nella tutela della biodiversità.
Il valore della filiera per consolidare l’eccellenza agroalimentare italiana e mediterranea, l’approccio di Confagricoltura
(Annamaria Barrile, Direttrice generale di Confagricoltura - photo Nicola Marfisi)
Annamaria Barrile, Direttrice generale di Confagricoltura, dopo aver rimarcato il valore delle esperienze di Pollica e Andriani, apprezza le molteplici sfaccettature del sistema mediterraneo, sottolineando la necessità di sostanziare le eccellenze del nostro Paese anche attraverso una visione culturale. In questo contesto, spiega, è necessario lavorare a un percorso condiviso verso la sostenibilità che tenga conto delle esigenze degli agricoltori e del sistema agricolo che è intrinsecamente sostenibile. Sostenibilità sociale, ambientale ed economica, nella sua visione, devono quindi muoversi di pari passo, soprattutto in un Paese come l’Italia in cui gran parte del territorio è boschivo o agricolo. Inoltre, in una prospettiva di sistema, risulta fondamentale superare il dualismo tra produttori e trasformatori, per assicurare un sistema produttivo sostenibile che garantisca il benessere di tutta la filiera. Anche per questo è nata Mediterranea, un’associazione di associazioni, fondata da Unione Italiana Food e Confagricoltura. che vale 106 miliardi di euro, che ha l’obiettivo di rafforzare il sistema primario e quello della trasformazione per migliorare la competitività dei prodotti finali in modo che siano buoni, sani e sostenibili, favorendo al contempo lo scambio di tecnologie e conoscenze lungo tutta la filiera. Questo modello, aggiunge, ha l’ambizione di creare un circolo virtuoso di qualità e tracciabilità che funga da paradigma per le politiche agricole e anche per sviluppare all’estero il valore della cultura mediterranea. La cultura d’altronde gioca un ruolo cruciale anche per sostanziare il valore dei prodotti italiani che non possono essere ridotti alla bollinatura del made Italy. In questo senso, la dieta mediterranea deve essere inquadrata a 360 gradi superando la mera visione alimentare. Occorre, conclude, un approccio olistico che includa educazione, valore della terra, tutela dell’ambiente e sostenibilità.
Visione mediterranea: la varietà della cucina italiana e il ruolo culturale-sociale del cibo. Una tavola rotonda ricca di sapori
Mediterraneo, cucina regionale italiana e benessere
(Fulvio Zendrini, Marketing Communication Advisor - photo Nicola Marfisi)
Dopo gli interventi di Roversi, Andriani e Barrile, Walter Mariotti ragiona sul Mediterraneo, un continente liquido, secondo la definizione di Duby, dotato di tre capitali dall’alto valore simbolico come Atene, Roma e Gerusalemme che vanno ben al di là della dieta mediterranea perché generano energia e cultura. Il direttore di Domus, si sofferma anche sul design come processo trasformativo che passa anche dal food che ha il potere di ridefinire le nostre abitudini e il nostro benessere. Passa così la parola a Fulvio Zendrini, Marketing Communication Advisor.
«La cucina italiana non esiste. Qual è la ricetta italiana per eccellenza?» Zendrini apre il suo intervento con una provocazione ricca di senso, con cui veicola il valore dei territori e dei luoghi che sono erroneamente racchiusi nell’etichetta semplicistica del Made in Italy. La ragione, spiega, è storica perché l’Italia ha visto uno sviluppo frammentato dovuto al ritardo nella sua unificazione politica. A differenza di paesi quali la Francia, la Cina, il Giappone, l’Inghilterra e la Spagna, l’Italia ha avuto tante cucine diverse e oggi offre quindi un numero elevatissimo di ricette, in una ricchezza ineguagliabile. Conclude, sottolineando l’importanza della comunicazione nel trasmettere messaggi corretti sul cibo. In questo senso, rimarca, servirebbe un’attivista in grado di sensibilizzare le opinioni pubbliche sul valore del food come fatto da Greta Thunberg sul clima.
(Walter Mariotti, teorico e Direttore di Domus - photo Nicola Marfisi)
Per Daniele Tarozzi, Business coach, il cibo è un pilastro del benessere. Per stare bene, spiega, bisogna mangiare bene e vivere il cibo con la giusta consapevolezza e nei contesti adeguati. Perché, come aggiunge Mariotti, con una perifrasi del Vangelo di Matteo, non di solo pane vive l’uomo ma anche dell’energia legata al cibo. Un benessere che Tarozzi definisce spirituale, interconnesso al contesto biochimico in cui il cibo viene ingerito. Il cibo, rilancia Mariotti, è un progetto culturale perché non è mera alimentazione ma ha un valore sociale ed intimamente connesso alla salute che, nella sua radice greco-latina, rimanda alla salvezza.
Cultura del cibo e complessità
(Rinaldo Rava, Vicepresidente dell’Università di Scienze Gastronomiche - photo Nicola Marfisi)
La cultura, anche per Edoardo Pozzoli, Founder Ortia & Meet Your Meal, ha un valore cruciale e deve essere sempre più veicolata ai consumatori che devono acquisire una crescente consapevolezza nelle loro scelte di consumo e nei loro stili di vita. Occorre, prosegue, superare i luoghi comuni e i preconcetti che continuano a resistere. Inoltre, conclude, servirebbe superare il pessimismo che talvolta accompagna la narrazione della Generazione Z perché, come spiegato da Riccardo Passerini, molte aziende si stanno impegnando per ridurre le proprie emissioni e per favorire un’alimentazione sana ed equilibrata.
La cultura alimentare è anche il focus di Rinaldo Rava, Vicepresidente dell’Università di Scienze Gastronomiche. Rava racconta il suo impegno per estendere l’educazione alimentare anche alla scuola primaria per aumentare la consapevolezza sul cibo. La complessità, spiega, è un fattore che bisogna considerare per agire in modo olistico sulle sfide che interconnettono il cambiamento climatico, la società e le sfide economiche. A problemi complessi, non si può rispondere in modo semplicistico, facendo leva sulle narrazioni legati alla crisi utili ad accrescere un certo tipo di consumi. Occorre, invece, educare alla complessità: raccontarci e raccontare ai giovani che serve saper affrontare la complessità quando si parla di cibo, perché la filiera alimentare coinvolge diverse aree legate all’uomo e alle sue attività.
Sostenibilità, accessibilità e filiera, la ricetta di Carrefour
(Paola Accornero, General Secretary e HR Director di Carrefour Italia - photo Nicola Marfisi)
Quello della complessità è un tema che stimola Mariotti che, citando il filosofo Cerruti, spiega come un sistema complesso non dipende solo dalle modalità con cui agiscono le singole parti. Per arricchire la discussione chiede a Daniele Tarozzi di mettere in luce il rapporto tra cibo e longevità. Tarozzi, partendo dalla cultura indiana, in cui la giovinezza arriva fino agli Ottant’anni spiega che la longevità non è solo un parametro numerico ma si lega al come si vive. Non è quindi una metrica qualitativa, bensì qualitativa, non sempre misurabile ma certamente legata al cibo e alle modalità con cui viene fruito. Un approccio che spinge Mariotti a ricordare il concetto di FIL (Felicità Interna Lorda) legata al Bhutan.
Il direttore di Domus coinvolge quindi Paola Accornero, General Secretary e HR Director di Carrefour Italia, che concorda sul valore della cultura mediterranea. Una cultura che non può essere limitata alla dieta ma che non è sempre facile preservare in contesti e in un tempo che si sono trasformati. Carrefour, spiega, si impegna per valorizzare i prodotti di agricoltori e allevatori e le buone pratiche di sostenibilità portandole ovunque. L’obiettivo dell’azienda, del resto, è quello di portare cibo salutare, sostenibile ma anche accessibile dal punto di vista economico. Una delle grandi sfide del nostro tempo, anche alla luce della congiuntura economica complessa. Del resto, prosegue, l’alimentazione sana non deve essere un privilegio di chi può permettersela ma deve essere alla portata di tutti. Questa sfida, conclude, deve coinvolgere tutti gli attorici economici che hanno un grande potere trasformativo e che possono migliorare la società, rendendo anche il Pianeta migliore. Una visione apprezzata da Mariotti che mette in luce la differenza tra la società in cui è nata la dieta mediterranea e il mondo contemporaneo fatto di megacity e nuovi modelli di consumo.
(Daniele Tarozzi, Business Team Coach - photo Nicola Marfisi)
Responsabilità, collaborazione complessità
Riccardo Passerini sintetizza la discussione utilizzando tre parole chiave che rappresentano una bussola per il futuro. Responsabilità per costruire una filiera sostenibile grazie al coinvolgimento di tutti gli attori (produttori, trasformatori e grande distribuzione). Una filiera che necessita quindi di una collaborazione attiva tra tutti i protagonisti, necessaria per trasformare l’universo del food. E poi complessità che deve essere affrontata tramite un approccio comunicativo nuovo e un pensiero accessibile, così da costruire una nuova cultura del cibo.